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Buone Nuove da Novoli

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Oggi si potrebbe finalmente storicizzare questa particolare produzione editoriale – fortunatissima – che ha come oggetto la raccolta di vedute delle realtà urbane, paesaggistiche e sociali dei territori che col termine, un tempo dispregiativo di “cartoline”, rappresentano, invece, uno dei documenti più interessanti che lo storico o il cronista ha in mano per valutare tutta una serie di trasformazioni – spesso epocali – che da oltre un secolo hanno interessato la società. Ed è, la cartolina, un documento moderno nel senso che rappresenta ormai un cardine di quella civiltà dell’immagine che è uno dei tratti salienti del nostro vivere quotidiano.

Anzi possiamo affermare che la cartolina ha ampliato il concetto tradizionale stesso di documento. E perciò a partire dalla – quasi – pionieristica Puglia in mostra (1997) curata da Aduino Sabato fino alla recente raccolta (2011) Gallipoli in cartolina 1900-1960 di Elio Pindinelli che in verità nel 1985 aveva già stampato – questa sì pionieristica – un’altra Gallipoli in cartolina (Tipolito Pacella, Gallipoli) passando magari per I luoghi urbani: Casarano 1900-1950 dal significativo sottotitolo Ricerca iconografica di Luigi Marrella (Graficolor, Marzabotto) che è del 1990, Lecce in cartolina di Federico Carlino e Aduino Sabato, del 1992 (Edizioni del Grifo, Lecce) oppure per la bella Saluti da Maglie. Dalla fine dell’Ottocentoagli anni Cinquanta la storia della città raccontata dalle cartoline, di Vincenzo Giannuzzi (Coop. Obiettivo Giovani, Editrice Salentina, Galatina) del 1999). E senza voler tacere dell’opera di questi che sono veri e propri “professionisti” dell’immagine, in primis Audino Sabato che ha ormai all’attivo una decina di pubblicazioni del genere il contributo salentino alla ricostruzione “per immagini” dei vari contesti urbani e socio-economici si colloca ad un livello cospicuo di consapevolezza anche secondo un’ottica nazionale. Ma è ovvio che ogni contributo, calibrato quasi sempre su una singola realtà urbana, di questa vuole sottolineare non tanto un’astratta e problematica identità quanto un’effettiva specificità: donde per Gallipoli emerge il rapporto col mare, per Maglie la formazione di un organismo otto-novecentesco fatto di palazzi, palazzetti e giardini pubblici e soprattutto privati con un’attenzione

inedita per quei fermenti produttivi tipici di una solida società borghese che aveva abbandonato da tempo, ma  non troppo, le frenanti eredità del mondo aristocratico feudale. Ora è la volta di Novoli e, come sempre, la raccolta di cartoline sorprende per la qualità e quantità e va dato atto ai suoi curatori, gli infaticabili amici Mario Rossi e Piergiuseppe De Matteis, di aver messo insieme un nucleo di immagini alcune delle quali si possono tranquillamente definire “eccezionali” per quanto è l’insieme che costituisce un unicum assai più, mi sembra della raccolta di fotografie di Giuseppe Palumbo che col titolo di Novoli… immagini d’antan icone fotografiche emozionali ed emozionanti per conoscere, riconoscere e far conoscere è la penultima fatica delle edizioni Il Parametro.

Sempre d’immagini si tratta, ma i collezionisti e gli studiosi conoscono benissimo la differenza tra fotografia e cartolina.

La cartolina si raccoglie, si pubblica e si studia, la fotografia assai meno e, soprattutto, è priva del passaggio, del messaggio attraverso il sistema di distribuzione postale a volte l’unica garanzia del fattore cronologico.

Ma il discorso che qui vogliamo brevemente impiantare relativamente a questa raccolta ha poco a che fare con le considerazioni esplicitate fin qui. Certo, queste cartoline di Novoli mostrano e dimostrano alcune tappe   fondamentali della crescita e delle caratteristiche di questa crescita della comunità: e dunque l’arrivo della ferrovia che trascinò in quella direzione lo sviluppo edilizio, la lentissima sostituzione del minutissimo tessuto residenziale fatto quasi esclusivamente di modeste “case a corte”, l’attestazione allora in aperta campagna del complesso dei Padri Passionisti, l’assorbimento progressivo nell’ambito urbano del santuario dedicato al protettore, i nuovi edifici pubblici – il Municipio – come espressione tangibile della nuova realtà unitaria, i luoghi della ricreazione (il campo sportivo), i nuovi luoghi di aggregazione urbana (la piazza col Teatro). Ai margini di questo “teatro d’immagini” come direbbero i critici barocchi, è tenuto il mondo produttivo ed economico che pure a Novoli, soprattutto con la monocoltura rappresentata dal vino aveva una realtà già solida con l’impianto, per esempio, di magazzini vinicoli e distillerie dai nomi prestigiosi (Capozza, Comerio, Martini, Montanelli, Moreschi, Bombardieri, Ferrario).

Era una modernità alla quale non si attribuiva, evidentemente, la dignità che meritava e quindi meglio di una  ciminiera ecco i tralicci, uguali da secoli, per far essiccare il tabacco da fiuto poggiati però sui nuovi marciapiedi che inquadrano le massicciate stradali progettate dall’ingegnere Francesco Parlangeli.

Dicono questo e tant’altro queste cartoline.

Ci parlano, per esempio, della fòcara, grande catasta di fascine che la devozione popolare dedicava, bruciandola, al Protettore, ora diventata una grandiosa kermesse paganeggiante dove si è smarrito irrimediabilmente lo spirito

originario anche in virtù di una accelerazione degli aspetti più propriamente spettacolari come se una fòcara  sempre più grande sia sintomo di una Fede maggiore. E con questa considerazione abbiamo toccato quello che a noi sembra il cuore di questa argomentazione ove si consideri queste cartoline con occhi disincantati andando alla sostanza delle cose per non fermarsi sulla superficie di scatti luminosi e accattivanti, “da cartolina”, appunto. Allora l’insieme di queste immagini ci consegna una realtà che ci appare lontanissima quando, invece, da quella ci separano pochi decenni.

Osservate la cartolina col Panorama di Novoli. In basso i campi coltivati e poi subito dopo il costruito ancora secondo un rapporto equilibratissimo tipico della città antica; non c’è contrapposizione, sono due mondi complementari.

E poi le vedute di piazza regina Margherita, i pastorali della pubblica illuminazione messi al posto giusto come pure le panchine, le quinte edilizie senza gli squarci di insediamenti speculativi contrabbandati come necessità moderne. Le automobili, poi, non ancora padrone delle strade qui per la prima volta raffigurate con la loro rigogliosa piantumazione, vera novità per l’epoca nonché ingenuo omaggio ai grandi viali alberati delle espansioni delle grandi città negli ultimi decenni del XIX secolo. Questo equilibrio, che era secolare, tra uomo ed ambiente, tra case e case, oggi è stato programmaticamente alterato grazie a modelli di sviluppo presentati di

volta in volta come fattori di modernizzazione e di evoluzione mentre rappresentavamo – vedi il caso clamoroso di Taranto – il più feroce attacco all’ambiente e alle persone nella storia di questa comunità. Ci vorrebbe la lucidità di Pasolini per descrivere ancora quello che definiva vero e proprio genocidio culturale e, insieme, una chiamata di correo per tutte quelle responsabilità, soprattutto politiche, che hanno reso possibile questo degrado culturale dal quale non se ne esce se non si imboccano

modelli di sviluppo e di comportamento alternativi.

Purtroppo non vediamo neppure l’inizio di questa nuova fase. Dobbiamo perciò essere grati a queste modeste immagini che sollecitando le presenti riflessioni ci hanno stimolato a leggere con maggiore attenzione i motivi

reali che aldilà delle apparenze e delle dichiarazioni interessate ci hanno condizionato e condizionano il nostro vivere sociale.

Mario CAZZATO

 

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