Presentazione Catalogo e inaugurazione mostra “Le Gioie di Sant’Antonio Abate”

Le Gioie di Sant'Antonio Abate
Le Gioie di Sant’Antonio Abate

13 gennaio 2019 ore 19,30 Teatro Comunale

Se c’è un santo che ha superato l’oblio dei tempi è proprio il monaco di Coma, Antonio il
Grande, vissuto e morto nel deserto egiziano nel 356. Anacoreta e taumaturgo, sant’Antonio è
passato alla storia e alla devozione popolare come l’antagonista del diavolo, il custode dell’inferno
e il padrone del fuoco. Il suo potere di guarigione è per tutti i mortali, uomini e animali.
L’iconografia occidentale lo ritrae solitamente con un bastone a forma di Tau, ultima lettera
dell’alfabeto ebraico, allusione alle cose ultime e al destino, e con un maialino ai suoi piedi, segno
eloquente che trasmette la sostanza della rappresentazione: il Santo protettore dei maiali, il cui
grasso serviva per curare l’ergotismo canceroso, diventa per estensione il protettore di tutti gli
animali. Nel giorno della sua festa liturgica, si benedicono le stalle e si portano a benedire gli
animali domestici. Se si vuole assumere invece il punto di vista “semitico” si potrebbe dire che egli
è capace di rendere puro da ogni male perfino il più impuro tra gli esseri viventi.
Al fuoco è connesso il potere di strappare i peccatori dall’inferno, come simbolicamente
attestano le pire accese in onore del Santo, e tra tutte la focàra di Novoli che sprigiona il fuoco
purificatore a partire dalla sera del 16 gennaio di ogni anno, una falò dalle dimensioni eccezionali
che raggiunge i 25 metri di altezza con un diametro di 20. La gente balla e canta attorno al fuoco
per esorcizzare il male e tributare onore al taumaturgo che merita appunto l’appellativo di Magnus!
Tutte le espressioni rilevanti sulla figura dell’eremita egiziano sono contenute nella tradizione
devozionale coltivata nel mondo cristiano, a nord come a sud dell’Europa, ed oltre, la cui
esplorazione documentaria attende di ricevere un nuovo impulso, capace di fornire inedite
conoscenze e stimolanti riflessioni euristiche.
Questo volume curato da Mario Rossi allarga i confini devozionali del santo egiziano, situando
la ricerca in Catalogna con tre interessanti contributi che aprono prospettive non trascurabili sulla
diffusione del culto di sant’Antonio in area mediterranea. Il materiale selezionato è noto, è stato già
utilizzato in alcuni studi di settore, ma in questa sede riceve un’attenzione particolare e una lettura
scientificamente rigorosa da arricchire e veicolare un patrimonio di conoscenze che erano rimaste
ad esclusivo appannaggio della cultura popolare. In questo mare magnum documentario, dai goigs
ai canti liturgici, dai poemetti all’iconografia della tradizione e alla letteratura romanzata, la Vita
Antonii è presentata come un lucido esempio dell’amore di Dio per i suoi eletti ai quali concede di
operare miracoli in favore dei fedeli. Le rime poetiche intrise di storia narrano la dedizione
dell’Abate taumaturgo per il popolo catalano, mentre le note musicali ne ritmano l’afflato
devozionale. L’affermazione del culto devozionale è attestata sin dal XIV secolo, anche se affonda
le radici in un passato ben più lontano, secondo le testimonianze documentarie ritrovate nel
monastero benedettino di Monserrat.


Elsa Martinelli affronta il tema dei canti devozionali della Catalogna espressi attraverso le Gioie
o Lodi (appunto i Goigs) che descrivono la vita e le gesta di Antonio, presentando un totale di 39
testi. Il Santo è invocato come protettore degli animali domestici, del bestiame, del lavoro contadino
e dei mestieri rurali; i canti esaltano lo stile di vita ascetica nel deserto della Tebaide e le vittorie
contro le tentazioni diaboliche grazie all’austerità e alla penitenza abbracciate dal Santo eremita. Il
suo culto, diffuso in numerose città iberiche, è testimoniato dalle composizioni di testi poetici e
musicali composti fino al XX secolo.

 

Maria Cristina Calabrese concentra il suo studio sulla storia e sull’iconografia della tradizione
cultuale catalana, evidenziando la plurisecolare devozione popolare nei diversi contesti culturali e
geografici. Il Santo viene rappresentato in un tripudio floreale, almeno fino al XIX secolo, per
lasciare poi il posto a brevi testi scritti sulle immaginette con un invito alla preghiera e
all’indulgenza concessa ai fedeli. Accanto alla nota immagine di Antonio che benedice gli animali
si mette in rilievo un altro tema caro alla devozione medievale: la protezione del taumaturgo verso
gli uomini colpiti dal cosiddetto “fuoco di Sant’Antonio” o ignis sacer (herpes zoster). La malattia,
diffusasi in Europa dalla metà del X secolo, provocava dolore insopportabile e conseguenze a volte
tragiche e quanti venivano guariti per intercessione del Santo offrivano come ex voto le parti del
corpo amputate essiccate. Il modello iconografico del “mal di fuoco” appare particolarmente nelle
stampe xilografiche del XV-XVI secolo.

Piergiuseppe De Matteis presenta l’Eremita nella letteratura e nella musica a partire dal
patrimonio patristico gerolaminiano nelle versioni latine di Parigi del 1516 e greca del 1641,
quest’ultima tradotta dalla lingua maronita. Si tratta di 120 detti sapienziali e di 20 epistole diretti
alle comunità monastiche egiziane esortate ad abbandonare il mondo per acquistare il regno di Dio.
Dante, Boccaccio e altri geni della letteratura europea fino ai nostri giorni hanno contrassegnato con
arte poietica l’importanza del messaggio antoniano contro le filosofie del tempo, contro la
corruzione del clero, ma anche per esaltare il valore spirituale della fuga mundi. Persino Lutero, a
suo tempo, usò il personaggio per avvalorare l’importanza della sola Scriptura, mettendo in
evidenza l’amore di sant’Antonio per la bibbia, mentre Mozart musicò la vita esemplare dell’Abate
e le tentazioni diaboliche superate con la forza divina. Accanto alle grandi opere artistiche si
ricordano anche temi semplici devozionali sorti particolarmente nelle province del Sud Italia e delle
isole italiane.
La poderosa raccolta iconografica composta da numerosi inni e canti corredano il volume
conferendogli un rilevante spessore “documentario” e aggiungendo un ulteriore arricchimento alla
conoscenza del mondo devozionale che gira intorno alla figura di un gigante della fede, le cui
venerate spoglie hanno viaggiato per varie parti del mondo, da Alessandria d’Egitto a
Costantinopoli fino in Francia. A Motte-Saint-Didier (attuale Saint-Antoine-l’Abbaye) sorse una
chiesa in suo onore e un ospedale condotto dall’antica Confraternita religiosa degli Antoniani, dove
venivano ricoverati gli ammalati che vi giungevano in pellegrinaggio. Ben più incisiva rimane
comunque l’associazione biblica che la liturgia suggerisce in onore di sant’Antonio: egli è, al pari di
Davide, colui che abbatte il demonio, identificato con Golia il filisteo; è l’immagine di Cristo che
guarisce la mano inaridita dell’uomo che, senza l’intervento di Dio, è destinato alla sterilità delle
opere e all’esistenza terrena senza il respiro di vita.

prof. Mario Spedicato
Università del SALENTO

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Concerto “Le Gioie di Sant’Antonio Abate”

Concerto "Le Gioie di Sant'Antonio Abate"
Concerto “Le Gioie di Sant’Antonio Abate”
15 gennaio 2019 ore 19,30 Convento dei Padri Passionisti

1° tempo

Giorgio Schipa Baritono accompagnato all’organo dal M° Tonio Calabrese.

2° tempo

Polifonica San Gabriele dell’Addolorata dirige il M° Simonetta Miglietta Sozzo

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Programma completo della festa “Sant’Antonio Abate e la Fòcara”

Sant'Antonio Abate e la Fòcara
Sant’Antonio Abate e la Fòcara

Pubblicato da Mario Rossi

Mario Rossi è nato nel 1941 a Novoli (Lecce). Salentinologo autodidatta, si è autoacculturato attivandosi come ricercatore di documenti inediti d’epoca, organizzatore di esposizioni d’arte, ed editor di pubblicazioni realizzate per Il Parametro, casa editrice e associazione culturale, della quale è stato il referente primario (Il Parametro). Bibliofilo e collezionista, dispone di una notevole raccolta libresca d’autori e studi salentini, e di 3.500 “santini” più volte utilizzati (e disponibili) per l’allestimento di esposizioni monotematiche o specifiche.

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